Avevi occhi grigio lago.
Pensavi troppo
e ridevi sempre.
Raccontavi favole
di Esopo
senza neanche esserne cosciente.
I guizzi nelle iridi
come anguille
di fontana,
mentre ti ascoltavo,
mentre ti guardavo.
La strada in
Ci sono treni al capolinea, treni fermi ad una stazione, treni sempre in movimento, monorotaia, ad alta velocità. Ci sono treni che non si incrociano, treni persi, treni presi troppo presto. Treni che prendiamo al volo, anche se non abbiamo il biglietto, altri che prenotiamo con largo anticipo per poi arrivare in ritardo il giorno della partenza. Sembrano così prevedibili, con i loro percorsi già segnati, le loro rotaie parallele, indivisibili.
Eppure non lo sono, non lo siamo. Abbiamo storie da scrivere, parole da dire, abbiamo rabbia da tirare fuori, felicità da condividere, tristezza da nascondere. Siamo fragili e fortissimi, siamo enigmi. Siamo come tanti estranei che si guardano e cercano di capire dove si sono già incontrati.
Ho sempre amato viaggiare in treno, guardare il paesaggio che scorre, contare le stazioni, ascoltare i messaggi registrati, sonnecchiare stancamente ma con l’agitazione per l’arrivo a destinazione. E in fondo sono un po’ prevedibile, come un treno, o forse non lo sono affatto, come tutti quelli che li prendono.
Avevi occhi grigio lago.
Pensavi troppo
e ridevi sempre.
Raccontavi favole
di Esopo
senza neanche esserne cosciente.
I guizzi nelle iridi
come anguille
di fontana,
mentre ti ascoltavo,
mentre ti guardavo.
La strada in
Torniamo bambini.
Per un solo istante,
Rammentiamo le risate,
Le corse spericolate,
La stanchezza sulla via di casa.
Rivediamo i nostri occhi,
Nei vostri,
Ci stupiamo come allora,
Ci mettiamo
Sorseggio la vita come una tazza di tè. Lei mi fa il solletico e mi parla con parole a tratti incomprensibili. Danzo sui libri e canto il tempo, in bilico costante tra leggerezza e responsabilità.
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